Finalmente ci stanno arrivando anche gli americani: Biden non è poi così tanto una carta vincente. L’auspicio è che le elezioni in America, i grandi esportatori della democrazia (lo ammetto sono un po’ ironico per chi non l’avesse colto da solo), servano da monito ed esempio anche dalle nostre parti. La scelta di contrapporre Biden, anche se presidente uscente, a Trump (a sua volta una pessima scelta) non è corretta a mio avviso per diversi motivi e insistere sul suo nome come fatto finora, e solo adesso paventare l’ipotesi di ritiro, celava una sorta di virus che ha colpito diverse democrazie occidentali.
Tralasciando l’operato/rimbambimento di Biden e non entrando nelle dinamiche dei programmi e idee che i due candidati hanno per il futuro americano e del mondo (ma proprio per questo ne dovremmo sicuramente riparlare in futuro) mi vorrei concentrare sulla contrapposizione che i media e i politici già schierati hanno creato intorno ai due. Perché se da una parte e da tanti Trump viene dipinto come il peggio dall’altra sembra quindi scontato che il voto utile, l’unica salvezza, l’argine, sia Biden. Una mossa, questa di elevare a difensore dei valori democratici un candidato modesto (usiamo un termine gentile vista la sua età), che a mio avviso non funziona.
Lo si è fatto in Italia, lo si fa spesso ai ballottaggi, si sarà fatto anche in altre parti del mondo e numeri alla mano alla fine a vincere è quasi sempre l’astensione. La scelta del meno peggio o ancora del “allora vuoi che vincano gli altri” non è uno stimolo a muovere le persone al voto. Il votare “turandosi il naso”, senza quindi fare una scelta convinta, credo abbia fatto il suo tempo, una manovra gattopardiana che andrebbe superata con decisioni (e quindi candidati) giovani, innovativi e che possano, non dico fare meglio ma, instillare quel pizzico di speranza di cambiamento che serve all’elettore per recarsi al seggio.